lunedì, marzo 20, 2006

La fiducia

Mi chiedo se sia possibile ragionare in maniera strutturata sul tema della “fiducia”. Sicuramente un “fondamento”, ma mi sembra anche attinente a “filosofia e organizzazioni”. Sarà che sono particolarmente sensibile a questo aspetto in quanto giornalista, e la fiducia tra lettore e media è non solo un fondamento, ma una regola prima dalla quale discende quasi tutto: il valore della testata, le regole deontologiche, eccetera (per quanto attualmente ciò sia vero, purtroppo, sul piano puramente teorico). Che sia significativo anche in un ambito più ampio del settore della comunicazione lo ha detto anche Richard Edelman in questo post (segnalo l'ultimo paragrafo: "CEOs of PR firms [should] sign onto a code of proper behavior").

Però mi sembra giocare un ruolo anche nelle strutture aziendali, e soprattutto per le linee verticali degli organigrammi. Nella mia esperienza di manager (o middle-manager, o mini-micro-manager), vedo che la fiducia nel proprio capo (e quella che hanno su di te i tuoi riporti) gioca un buon ruolo quantomeno sul piano motivazionale. Si è meglio disposti a consegnare a chi sta sopra di noi il “valore aggiunto” (credo termine più appropriato sarebbe “plusvalore” ;) che si è in grado di creare, se si sa che costui / costei ricambierà in qualche modo (responsabilità, premi, trasparenza, qualità dei progetti, anyway). Idem per il rapporto con i livelli organizzativi “sotto”: si può chiedere di più ai propri collaboratori se questi sanno che, in qualche modo, si è portati a riconoscere il contributo, o almeno a provarci.

Non vorrei questa fosse considerata un’idea romantica dell’azienda e delle organizzazioni. In realtà alla base c’è il pensiero che una struttura a team motivati possa funzionare, offrendo una produttività spesso superiore a quella di strutture basate su ruoli e procedure, dove quindi l’elemento umano è secondario. A mo’ di esempio estremo di questo modello mi viene in mente l’esercito americano, che dal punto di vista organizzativo è rinomato per essere un colabrodo. Ne dà un’idea Monica Maggioni in “Dentro la guerra”, Longanesi.

Sotteso a questo tema credo ci sia il dilemma tra “management” e “leadership”. Non credo però che questo abbia una soluzione univoca, credo anzi siano necessari entrambi gli elementi. Mi chiedo dunque se non possa funzionare invece un modello che, inventando un termine al momento perché non me ne viene in mente un altro, di “self-conscious-company”. Non che pensi che la fiducia possa essere un elemento strutturale o normativo. Ma credo dovrebbe ispirare delle riflessioni quantomeno comportamentali, se non anche deontologiche.